15.4.09

PreVisioni book



































Questa pubblicazione conclude un percorso lungo tre mesi che ha trasferito su Vicenza l’attenzione e la curiosità di 30 giovani architetti, provenienti da tutta Italia ed oltre, di cinque docenti di fama internazionale e di 3 tutor che hanno fatto da cerniera tra di essi. Il volume qui presente non ci consegna alcun progetto definitorio di ciò che Vicenza dovrebbe essere, poiché le premesse e i criteri con cui PRE-visioni è stato organizzato, accompagnato e successivamente sviluppato dai partecipanti, contenevano già gli anticorpi contro ogni solito discorso di pianificazione.


La genesi del workshop d’altra parte segna significativamente uno scarto e una novità rispetto alle pratiche più frequenti, e denota un valore politico straordinario: l’idea che una pubblica amministrazione possa decidere di affidare il tema della ridefinizione dei nessi urbani di Vicenza, limitandosi a indicare dei dettami di ordine generico, ad alcune delle menti più importanti dell’architettura contemporanea e ad un gruppo di giovani architetti, coadiuvati da 3 tutor, sostituendo con questo gesto la tipica attività programmatica di una amministrazione comunale con una attività di pura ricerca. Con la libertà del laboratorio multidisciplinare e di un esperimento che non è vincolato a nessun contratto coercitivo, PRE-Visioni ha messo a disposizione della città intelligenze e creatività che hanno prodotto una mole enorme di materiali, di suggestioni, di analisi, di studi sulla città.
Il workshop PRE-visioni ha prodotto un’attività complessa e vorticosa che non si vuole sostituire alla politica nel dare risposte ai problemi, ma che diventa un supporto necessario alla politica nell’individuare, attraverso l’inoculazione più di dubbi che di certezze, il linguaggio più adatto a porsi, oggi, le domande giuste. Lo spirito sperimentale non è animato dalla ricerca di risposte certe e definitive, ma dalla necessità di trovare le tarature per adattare lo sguardo al movimento dei fenomeni, cercando di intuirne la mutazione.
Il ragionamento da cui si è partiti è molto semplice: la programmazione è sempre più inadeguata per il fatto di non essere in grado di corrispondere alle meccaniche del sistema sociale contemporaneo. Vivendo in un crossing di volontà politiche locali/ nazionali/internazionali (ammesso che si parlare ancora di qualcosa come volontà), le scelte per il futuro subiscono le accelerazioni e le svolte repentine di mutazioni globali imprevedibili.
Questa nuova situazione epocale indebolisce lo strumento tradizionale della pianificazione territoriale e porta a riformulare il concetto di progetto urbano tenendo conto dell’irregolarità delle superfici temporali. In effetti, i vecchi metodi progettuali si basavano su una visione costante e progressiva della società e dei suoi cambiamenti: ma oggi – soprattutto nel caso di un’amministrazione pubblica illuminata, consapevole di avere un mandato a termine e di non potere avere la pretesa di saturare lo spazio per le generazioni futurebisogna fare i conti con una temporalità che non accetta di essere risolta in un blocco omogeneo e dato una volta per tutte.
De-programmare il progetto urbano significherà perciò riconoscere i limiti di una lingua progettuale divenuta inadatta alla realtà e lanciarsi, senza troppa nostalgia per il passato ma con la curiosità del ricercatore sperimentale, verso un progetto di città immaginato per sovrapposizione di serie temporali discontinue: l’hic et nunc, il tempo di domani, il tempo della prossima generazione, il tempo del prossimo secolo.
PRE-visioni, dunque, in questi tre mesi di attività, si è cimentata con la città inserendola nel quadro di una evoluzione radicale e globale delle prassi e dei pensieri.
Dotandosi di un lemmario-canovaccio in cui la terminologia urbana viene smontata e rimontata alla radice e secondo le leggi dell’aporia e dell’esperimento, l’approccio del workshop ha saputo essere diverso, probabilmente unico, per la capacità di liberarsi dai lacci e dai lacciuoli delle idées reçues. Certo, ciò è stato reso possibile da due fattori: la provenienza eterogenea dei partecipanti, che non essendo per lo più legati al territorio vicentino hanno potuto e saputo apportare ed aggiungere visioni e immaginari diversi rispetto a quelli autoctoni. Ma anche, la grande disponibilità dell’amministrazione a mettersi in gioco in prima persona con la scelta, appunto, di sottrarsi dal gioco, lasciando campo libero alla sperimentazione e all’apporto di visioni laterali.

Il workshop si è esercitato su tre macroaree o sistemi urbani individuati sul territorio vicentino:

1/ SPINAOVEST.
Un’area semicentrale che congiunge idealmente il limite della cinta storica dei Giardini Salvi al paesaggio verde dell’aeroporto Dal Molin, passando per la stazione ferroviaria e per un complesso tessuto misto di superfici ex-industriali abbandonate, di zone ad alta densità residenziale e di aree commerciali. L’interesse di questo brano di città sta soprattutto nella difformità della maglia di cui è composto, in cui la densità si alterna a “vuoti” storici, che attendono di essere riattivati, di diventare luoghi di ri-significati dal punto di vista dell’interesse e della funzionalità urbana. Il sette gruppi della spinaovest hanno “annusato” perfettamente questa atmosfera trasversale e sin dalle prime valutazioni sono state espresse idee sorprendentemente poco convenzionali e prive di preconcetti storicosociologistici. La creatività degli approcci ha prodotto inizialmente concetti enunciati attraverso tutti i media possibili, dalla canzone d’autore alla sceneggiatura per documentario, dalle mappe psicogeografiche al meccano delle attività culturali. Attraverso l’esperienza di fiedlwork, il dibattito fra i partecipanti ed il ragionamento condiviso con tutor e docenti, questa enorme espressività creativa ha sviluppato nelle diverse fasi del workshop pensieri sempre più concreti fino ad arrivare ad un catalogo di suggestioni costituito dalla sommatoria delle visioni laterali iniziali e delle percezioni personali del contesto.

2/ ZONA INDUSTRIALE OVEST.
La zona industriale ovest è un’area che deve fare i conti con il profondo mutamento delle sue funzioni e con il passaggio da una produttività di tipo “industrialista” ad una produzione di oggetti immateriali: concetti, ricerca e innovazione. Se l’industria sta cambiando radicalmente, vengono a cadere le necessità tipiche del paesaggio industriale veneto del boom economico. Occorre perciò poter immaginare un altro tipo di paesaggio, più corrispondente alle urgenze dell’economia immateriale contemporanea. I gruppi di lavoro che ha affrontato il tema della zona industriale ovest ha spostato progressivamente la prospettiva: in una prima fase ci si è concentrati sull’interpretazione del paesaggio industriale come saturato, evidenziando unicamente gli aspetti minimi dell’area come la segnaletica, l’arredo urbano, gli spazi interstiziali. Successivamente, alla luce di un confronto serrato e proficuo, si è arrivati alla consapevolezza che si potesse immaginare un’opzione forte e più radicale per l’are industriale. I ragionamenti si sono spostai da interventi mini a pensieri sulla possibilità di riconsegnare l’area ad un recupero peasaggistico e funzionale completamente diverso e radicalmente innovativo sia in termini urbanistici che per quanto riguarda la limitazione dell’impronta ecologica.

3/ CENTRO STORICO.
Il centro storico di Vicenza, con la presenza di alcuni dei monumenti più importanti della città, è bloccato da aspetti vincolistici e di tutela del patrimonio che nella loro assoluta giustezza hanno sviluppato fino ad oggi, verso chi progetta la città, un timore reverenziale immotivato. Questa condizione ha reso il centro storico una vetrina che ha perduto per strada tutti i caratteri dell’identità, della funzionalità e delle vitalità sociale. Fondamentale appare quindi la necessità di strappare il centro storico alla monofunzione legata alla monumentalità e reintrodurlo nei circuito vitale della contemporaneità, renderlo capace ancora di produrre senso. In questo ripensamento necessario del centro storico di Vicenza appare in maniera molto chiara il ruolo di vettore che potrebbe giocare la neorestaurata basilica palladiana. I partecipanti del workshop per la parte del centro storico sono stati capaci di fare epoche della paralisi progettuale che colpisce chi si cimenta con il peso monumentale del centro storico grazie alla consapevolezza del fatto che ciò che gli si veniva richiesto erano idee, concetti e (pre-visioni), ma non architetture definite. La possibilità di lasciare da parte paramenti, basamenti e fondamenta ha liberato la mente per un pensiero senza ostacolo di pregiudizi. Il depotenziamento del timore per la tradizione è stato aiutato dalla presenza di non-vicentini che hanno apportato, soprattutto in questa sezione del workshop, la freschezza di uno sguardo differente. Nella fase più concreta questa libertà si è esercitata soprattutto nelle zone più libere del centro storico, in piazza Matteotti e a S. Biagio, laddove la monumentalità è stata abbandonata all’indeterminazione urbana, liberando, per i ragazzi del workshop, punti potenziali di grande interesse progettuale. In questa sequenza di scarti da una stasi ad uno sviluppo e da una fase all’altra e da un’ottica all’altra abbiamo letto il lavoro subliminale del workshop come strumento di comprensione e di invenzione del territorio.

La grande carica energetica apportata dai giovani architetti che hanno partecipato a PRE-Visioni, raffinata nel lavoro di incontro, scontro e contaminazione con i Tutor e con i “saggi” invitati al workshop, ha generato una situazione di grande e umana partecipazione, assolutamente libera dalle diplomazie e dai rituali istituzionali. Questo volume vuole essere un documento di ciò che è stato e delle visioni che ha prodotto PRE-Visioni, ma sarà inevitabilmente un supporto manchevole, poiché non potrà rendere conto della grande varietà di approcci emozionali, tecnici e dialettici con cui i partecipanti si sono espressi nel costruire le loro metafore urbane. Difficilmente si potrà rendere conto sulla pagina scritta delle discussioni dei blog (uno per ogni area), delle produzioni multimediali e soprattutto dell’idea di esperimento partecipato e collettivo che PRE-visioni è stato per tutti coloro che lo hanno vissuto e creato.